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L’Oriente che vive nel passato

Salman Masalha ||
L’Oriente che vive nel passato

Tutta questa regione è composta da stati artificiali che non hanno mai saputo creare un’unità nazionale al di là di etnie e tribù

Gli Stati Uniti non sono interessati alla pace in Medio Oriente

Washington vuole che la regione sia avvolta dalle fiamme, solo che ne vuole controllarne l’altezza.


Salman Masalha

Gli Stati Uniti non sono interessati
alla pace in Medio Oriente




Va detto esplicitamente: gli Stati Uniti non sono interessati a giungere alla pace in Medio Oriente. La pace nella regione non è loro priorità assoluta e non ha mai corrisposto ai loro interessi. Queste cose possono sembrare strane a chi non è sensibile al clima della regione. Chi crede che la televisione araba Al Jazeera sia portavoce dell’Islam radicale, che mette in pericolo gli interessi americani, è invitato a rinfrescare la sua memoria e aggiornare la sua immaginazione, perché questo Islam radicale è stato promosso di fatto da varie amministrazioni americane.


Basterebbe rispondere a una domanda semplice: Come ha fatto il canale populista, di tutti i posti disponibili, trovare sede nel piccolo emirato del Qatar? I documenti di Wikileaks hanno rivelato che il Qatar è stata una base dalla quale hanno decollato i bombardieri americani per le missioni in Iraq e Afghanistan e che ora sta offrendosi agli Stati Uniti come base per un attacco all’Iran – ed ha espresso anche il desiderio di partecipare alla guerra contro l’Iran sopportando la maggior parte dei costi di mantenimento della base.

C’è di più, in un incontro con il senatore americano John Kerry avvenuto nei primi mesi del 2010, il sovrano del Qatar ha pure espresso comprensione per la posizione di Israele e per i sentimenti degli israeliani – dicendo che il popolo di Israele non può avere colpa se non si fida degli arabi, dato che il loro paese è vissuto sotto minaccia per lungo tempo. Questo è lo stesso Qatar che ha accordato un benvenuto regale al presidente Simon Peres, al leader dell’opposizione Tzipi Livni e ad altri funzionari israeliani.

Queste storie insieme ai legami dell’emiro con Israele non sono segnalati da Al Jezeera. Ma nel contempo questo canale populista continua a calunniare altri regimi arabi per i loro legami con Israele. Suona fantastico? Non necessariamente.

Tutti i video di Bin Laden, chissà perché, trovano la loro strada per giungere ad Al Jazeera. Questo è dovuto al fatto che tale stazione è destinata a un’altra funzione: quella di minare i regimi arabi e creare uno stato di caos. Il caos rappresenta ciò che è conforme alla politica americana, perché Washington vuole che la regione sia avvolta dalle fiamme, soltanto che ne vuole controllare l’altezza.

Le fiamme nel Medio Oriente sono funzionali all’economia americana. In questo contesto, è sufficiente menzionare l’affare di 60 miliardi di dollari di armi che ha firmato lo scorso anno con l’Arabia Saudita – il più grande nella storia degli USA. L’affare offrirà decine di migliaia di posti di lavoro nelle industrie americane.

Dati questi antefatti, è facile capire l’interesse di Washington per una tensione continua in Medio Oriente. La tensione spinge i paesi a firmare accordi per grandi acquisti di armi, che producono decine di migliaia di posti di lavoro negli Stati Uniti. Come tale, l’interesse americano consiste nella costante politica di esasperare le passioni – pure tramite Al Jazeera – per perpetuare l’apprensione all’interno dei paesi arabi la cui esistenza dipende dal sostegno americano. Così gli Stati Uniti possono continuare ad affermare che la promozione di armi con i paesi ricchi del Medio Oriente nasce dalle premure per la regione.

Per questo motivo la Casa Bianca non sta facendo alcuno sforzo per premere Israele o per promuovere la pace israelo-palestinese, perché questo potrebbe far progredire la pace in tutta la regione. Una pace di questo tipo, dal punto di vista dei mercanti d’armi, potrebbe rendere inattive le industrie e determinare il licenziamento di decine di migliaia di lavoratori americani. Tutto ciò è per capire come Al Jazeera rappresenti in realtà uno strumento al servizio dei piromani americani.

In poche parole, tutta la dottrina degli Stati Uniti è di tal genere. Il problema con la dottrina è che il golem americano può ancora dar fuoco al suo creatore. Ci sono già le prove di questo sul campo.
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(tradotto da mariano mingarelli)


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Quale luce in fondo al tunnel

Salman Masalha

Quale luce in fondo al tunnel

Tranquilli. Ciò che è accaduto in Tunisia non è destinato a ripetersi tanto presto in altri stati arabi. Il rovesciamento di un dittatore ad opera di una rivolta popolare porta effettivamente una ventata di aria fresca, e forse persino un raggio di speranza a tanti, in questa parte del mondo. Ma c’è ancora molta strada da fare prima che si possa celebrare l’avvento della democrazia.

Innanzitutto bisogna aspettare di vedere se in Tunisia, fra due mesi, si terranno davvero elezioni democratiche, e non con un solo candidato alla presidenza e un solo partito. Altrimenti tutto resterà come prima. In secondo luogo, la Tunisia non è uguale agli altri stati arabi che stanno più a est, perché la sua popolazione è al 99% musulmana sunnita.

Pertanto chiunque si immagini qualcosa di simile allo scenario tunisino in altri paesi arabi sta solo fantasticando: significa non capire le forze che sono effettivamente in campo e non tenere in considerazione le strutture etniche, religiose e statali di quei paesi. Sin dal ritiro delle potenze coloniali, il mondo arabo non è riuscito ad edificare un solo stato-nazione degno di questo nome. Lo stato dell’Iraq, ad esempio, non ha dato vita a un popolo iracheno, né lo stato di Siria ha creato un popolo siriano. In entrambi questi paesi, la dittatura è stata il solo collante che ha tenuto insieme tutti i pezzi del puzzle religioso, etnico e tribale. Quando la dittatura in Iraq è crollata, l’intera entità irachena è andata in frantumi.

Uno scenario alla tunisina è impossibile in stati composti da una raccolta di tribù e comunità religiose, e governati da regimi tribali che si comportano secondo antiche tradizioni repressive. Una sollevazione popolare in luoghi come quelli pone una minaccia vitale al regime tribale e confessionale, per cui fatalmente il regime scatenerà un bagno di sangue contro i ribelli prima di cedere il passo a un altro regime repressivo.

Il fallimento del nazionalismo arabo nel creare uno stato-nazione civile degno di questo nome è ciò che ha portato all’ascesa dell’islamismo. Che però è solo un miraggio, che si richiama a un distante passato. La nostalgia per il passato “glorioso” è l’espressione più evidente dell’inettitudine di queste società nel presente. L’arretratezza del mondo arabo si manifesta ad ogni livello: nell’istruzione, nella sanità, nella disoccupazione crescente, nella dilagante corruzione governativa.

In questo mondo non c’è creatività in alcun campo. È un mondo di stridente consumismo senza alcuna speranza all’orizzonte. È un mondo in cui i governanti, nei loro ultimi giorni, lasciano in eredità il regime, e il suo sistema di corruzione, ai loro figli che molto probabilmente continueranno la repressione e la corruzione dei padri fino al successivo sanguinoso cambio di regime, e poi ancora al successivo.

Ma il mondo arabo ha una spiegazione pronta per tutti i suoi guai: un complotto ebraico, sionista e imperialista. Fra le manifestazioni di questo complotto, la diffusione di chewing-gum che provocano eccitazione sessuale nelle donne, la volontà di corrompere la cultura e la società arabe, l’invio di squali aizzati contro i turisti sulle coste del Sinai per distruggere l’industria egiziana del turismo, e via di questo passo. La diffusione di leggende infantili come queste è una sorta di oppio per le masse ignoranti che si bevono il “complotto sionista” e cadono in uno stato di torpore. Nel mondo arabo, l’effetto ipnotico del complotto sionista offre un modo facile e sicuro per evitare di affrontare sul serio i problemi al proprio interno.

Disastri e fallimenti non possono innescare un autentico dibattito, e le ragioni di ciò sono strutturali, radicate nella cultura arabo-islamica: giacché, a differenza di altre culture, la cultura islamica non ha creato meccanismi di autocritica. Non c’è una sola tradizione attribuita al profeta Maometto che chieda al credente musulmano di impegnarsi in un’autocritica. L’assenza di questo principio è la radice dei problemi di questa società, giacché in una cultura l’autocritica è il meccanismo che rende possibili le correzioni. Senza tale meccanismo, non è possibile nessuna correzione. Ed ecco perché è così difficile intravedere una qualche luce alla fine del tunnel.
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I cittadini arabi d’Israele meritano una leadership migliore

Salman Masalha

I cittadini arabi d’Israele
meritano
una leadership migliore

La visita in Libia, settimana scorsa, di una delegazione di esponenti arabo-israeliani indica uno smarrimento di direzione sia politica che morale. Il gruppo, che comprendeva rappresentanti di tutti i partiti politici, i settori e le comunità arabe, ha rivelato la profondità della confusione politica che vige fra coloro che sostengono di rappresentare i cittadini arabi d’Israele. La visita non ha in alcun modo contribuito al rispetto né per i membri della delegazione né per i loro elettorato.

Sono personalità che si disprezzano a vicenda non meno di quanto non disprezzino Avigdor Lieberman e i pari suoi nei partiti sionisti, in alcuni casi anche di più. Ma, meraviglia delle meraviglie, tutt’a un tratto si sono riuniti tutti quanti per volare via a godersi l’ospitalità niente meno che di Muammar Gheddafi, l’uomo che più di ogni altro incarna il côté impresentabile dei regini arabi, l’autocrazia tribale.

Questo individuo capriccioso e imprevedibile può affermare senza battere ciglio una cosa e il suo contrario nella stessa frase, senza che nessuno osi chiedergli spiegazioni per paura che la domanda diventi anche la sua ultima domanda.

Dopo il banchetto offerto dal loro anfitrione, è arrivato il momento dei discorsi untuosi, completi della panoplia di tutti gli slogan più frusti e di tutti i superlativi più esagerati che i despota di più basso rango si aspettano di sentire su se stessi. Ha superato se stesso il parlamentare Talab al-Sana, che ha chiesto al tiranno se la Libia avrebbe aperto le porte delle sue università agli studenti arabi da Israele (che già accedono, naturalmente, alle università israeliane). Supplica che ha trovato immediata soddisfazione. Anziché preoccuparsi per le scuole e per l’istruzione nel suo paese – Israele – Talab al-Sana vuole mandare gli studenti in Libia. Esattamente dove stia meditando di mandarli e a imparare cosa, il magniloquente e gagliardo parlamentare arabo-israeliano non l’ha detto. Forse all’eminente istituto libico del nano-uncinetto o all’insigne accademica libica per la scienza del barbecue?

Dopo il rito delle adulazioni, il grande leader, Sua Maestà il Re dei Re e il Capo dei Capi (così Gheddafi si è definito di recente), dicono abbia fatto sedere i suoi ospiti e per due ore tonde tonde abbia propinato loro un’ampia epitome delle sue puerili teorie. Fra l’altro, li ha esortati a prendersi due, tre o quattro mogli ciascuno e a fare figli in quantità. Nessuno dei presenti ha ritenuto di avere una sola parola da obiettare.

Ora, va detto forte e chiaro: questo genere di trasferte da parte di rappresentanti arabi israeliani per andare a baciare la pantofola a questo o quel satrapo arabo, non solo costituisce un insulto all’intelligenza, ma danneggia anche le giuste lotte della minoranza araba di questo paese. Col solo fatto di recarsi in quei luoghi e di farvi le dichiarazioni che fanno, non fanno che approfondire il rigetto verso gli arabi dell’opinione corrente israeliana, quel rigetto contro il quale essi giustamente si battono da anni. Col fatto di non saper resistere alla tentazione di accettare questi inviti da parte di dittatori arabi, quali che siano, queste personalità arabo-israeliane accettano di farsi strumento nelle mani di quei dittatori.

Sorprendentemente fra i partecipanti alla scampagnata c’erano rappresentanti di partiti politici come Balad, che sventola il vessillo dello stato “di tutti i cittadini” (in contrapposizione a “stato ebraico”) e Hadash, che un giorno sì e un giorno no sbandiera il suo essere un partito “arabo-ebraico”. All'improvviso tutti questi parlamentari si sono scordati d’aver prestato alla Knesset un giuramento di lealtà allo stato d’Israele, e si sono dimenticati di chi e di che cosa dovrebbero essere i rappresentanti. Hanno scordato che “tutti i cittadini” significa anche i cittadini ebrei. Hanno scordato che un partito “arabo-ebraico” comprende anche gli ebrei. Hanno scordato tutti i loro slogan purissimi e correttissimi e sono volati a rifugiarsi nella tenda dell’ignoto.

Delegazioni come questa rivelano il grado di immaturità civile, politica e nazionale della leadership araba di questo paese. Esse mettono in evidenza il cronico abbandono emotivo, sociale e politico patito dai cittadini arabi e dalla loro dirigenza. Questo viaggio in Libia ha portato alla luce la miseria intellettuale delle persone che pretendono di rappresentare e di guidare la società araba israeliana. I cittadini arabi d’Israele meritano una leadership migliore, una leadership più seria e matura.

(Da: Ha’aretz, 29.4.10)
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Stormi di uccelli fino a Roma


Salman Masalha

Stormi di uccelli fino a Roma

Alla fine degli anni 50 ero un bambino, ingenuo e innocente. La mia piccola mente di arabo non era mai stata attraversata dall'idea di quali fossero le misteriose intenzioni degli stormi di uccelli che si posavano, vicino alla raccolta delle olive, sugli uliveti del villaggio di Al-Maghar, sul mare di Galilea. Ogni autunno, quando una nera nube di uccelli appariva all'orizzonte, gli abitanti del villaggio andavano nei campi muniti di oggetti rumorosi. Si affannavano a scacciare gli invasori per salvare il loro raccolto, che a quei tempi era la principale fonte di sostentamento. Ma quando gli uomini raggiungevano gli uliveti, i pennuti si erano già saziati di olive e si rimettevano in viaggio. La nube si levava dalle cime degli alberi, oltrepassava le colline e si allontanava verso ovest, fino a scomparire. Stagione dopo stagione, si susseguirono molti raccolti, e passarono molti stormi prima che io partissi alla volta di Gerusalemme, per acquistarvi conoscenza e saggezza. Ma la saggezza che Gerusalemme mi diede fece scomparire per sempre la mia ingenuità. E oggi mi ritrovo a intraprendere viaggi su viaggi, veleggiando alla ricerca della perduta innocenza, di quel Paradiso scomparso. Dico «veleggiando» ma per chi vive a Gerusalemme è difficile usare questa espressione: da qui ci vuole un'ora per raggiungere, in auto, il Mediterraneo, e si può veleggiare solo su ali metaforiche. Il mare Mediterraneo non separa le terre del Nord da quelle del Sud e d'Oriente da un punto di vista meramente geografico. Ha separato gli individui e le tribù. Oggi separa la libertà individuale e la democrazia, cresciute sulle sue sponde settentrionali, dalla tirannia che, sulle rive meridionali e orientali, non consente all'individuo libertà d'azione. E con l'individuo sono scomparse anche la bellezza e la creatività. Questo mare segna il confine tra l'uva e la palma da dattero, tra il vino e il divieto di berlo, tra l'uva, frutto che migliora di anno in anno e il dattero che non lascia nulla dietro di sé. Lo scontro tra le due sponde ha prodotto in passato un mito arabo che spiega l'invincibilità dei Romani. Il regno di Roma poteva conoscere in anticipo le intenzioni dei suoi nemici e organizzare la propria difesa nel modo più efficace. Ma Roma, simbolo del mondo occidentale, non si limitava a difendersi. Attaccò, occupò e sfruttò il sud per secoli. Sull'atteggiamento dell'Occidente nei confronti dell'Oriente, possiamo portare ad esempio le parole di Mark Twain dai resoconti di viaggio: «Non ho mai perso occasione d'impressionare gli arabi parlando loro della perfezione delle armi americane e inglesi e delle pericolose conseguenze di un eventuale attacco contro gli occidentali». È forse cambiato qualcosa da allora? Oggi so che le olive del villaggio di Maghar, durante i giorni della mia innocenza, venivano portate a Roma nei becchi e nelle grinfie degli uccelli. Non chiedo la loro restituzione, ne quella dell'olio e della luce, anch'essi un tempo sottratti al Sud e portati a Roma. Questa e altre città della sponda occidentale del Mediterraneo possono però dare un po' della loro luce eccedente a quelle parti del mondo ancora oggi buie e affamate sulle coste meridionali e orientali. E dico «dare», non solo nel senso economico del termine ma piuttosto nel senso spirituale: «dare» libertà, prosperità e democrazia.

L'Europa può svolgere un ruolo decisivo nella costruzione della pace nel Medio Oriente insanguinato, da quando i suoi confini sono stati cancellati e ridefiniti in modo forzato dalle potenze imperialiste occidentali, che hanno creato nuove entità politiche, senza tener conto degli interessi nazionali, sociali e umani delle popolazioni locali. Ciò fu fatto allora, perché l'Europa potesse continuare a fare nella regione i propri interessi, che non coincidevano con quelli delle popolazioni locali. Oggi sembra però che l'Europa si sia tirata fuori dal gioco, lasciando campo libero all'unica grande potenza rimasta. Ha invece la responsabilità morale delle sorti della regione e deve assumersela pienamente: i popoli di questa parte del mondo hanno bisogno dell'Europa, così come lei ha bisogno di loro.

In passato sono stati firmati trattati di pace tra Oriente e Occidente. L'Occidente sapeva come fare doni all'Oriente. Ma, a quei tempi, erano doni di altra natura, i cui effetti erano a breve termine. Si racconta che quando Qubadh, il re di Persia, fece la pace con Cesare, Cesare gli inviò molti doni. Tra questi, c'era la statua in oro zecchino di una giovane cantante. A certe ore della notte, la statua cantava, inducendo al sonno chi la udiva. Sembrerebbe che il sonno che si impadronì dell'Oriente si sia protratto per molte centinaia di anni e che i popoli della regione non siano ancora riusciti a svegliarsi.

Ora, io non sono una statua che canta ma una statua di altra natura, e in carne e ossa. E per impedire che le mie parole vi facciano precipitare in un lungo sonno, vi reco dall'Oriente una campana di libertà, che intende far suonare il suo allarme, prima che la distruzione si abbatta su noi tutti.

"Il manifesto" - 26 novembre 2003
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Il brano è tratto dall'intervento che pronuncerà giovedì 27, al convegno su Mediterraneo e globalizzazione (Protomoteca in Campidoglio), promosso da Legambiente e Comune di Roma (con Ignacio Ramonet, Wolfgang Sachs, Cristophe Aguiton, Walter Veltroni, Giuliano Amato).
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3 Poesie

Salman Masalha

Gabbia

Sul palmo della sua mano
altri tracciarono linee di gabbia, e vi rinchiusero
il suo vissuto. E io,
figlio di arabia, non sopporto
un uccello imprigionato. Ogni volta
che lei mi porgeva la mano,
io cancellavo una riga.

E liberavo uccelli.




(I libri del merlo Pietro Lista, Accademia del libero merlo maschio -vicolo del merlo maschio - saviano (na)

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Sotto il segno dello scorpione

Sono nato sotto il segno dello scorpione.
Cosi’ mi dissero i vecchi del villaggio
con i loro visi vaganti come foglie d’autunno
che mi volavano davanti. Mi dissero anche
che quando nacqui in novembre non caddero
stelle nel cielo. Ero uno straniero
capitato in un sogno senza fondo.
Mia madre, pero’
nacque dal vento caldo.

E quando gli autunni andarono e non tornarono,
come torna il merlo alla sua siepe.
i miei passi si persero in altri luoghi . Le donne,
come il tempo, si specchiarono nella finestra
come un melograno che perde le foglie.
Io sono una mezza stagione.
Sogni verdi gia’
abbandonano il mio corpo come
neve abbandona la nuvola.

E, con gli anni, ho anche imparato
a togliermi la pelle di dosso. Come se fossi un serpente intrappolato
tra le forbici e il foglio. Cosi’ il mio destino
fu deciso con parole strappate dalle radici
del dolore. Con la lingua divisa in due. Una, l’arabo,
per ricordare mamma la sera,
l’altra, l’ebraico, per amare d’inverno.

***

Oblio

Strane persone siedono
al caffe’ la sera.
Il giorno si e’ gia’ dimenticato,
sfuggito tra le dita senza sapere
cosa resta in fondo. Senza sapere amore.
E nel rumore specchiato nella vetrina,
e i discorsi su questo e quello, e specialmente
l’aumento della contingenza in novembre,
e il calo della quotazione dell’oro, io quoto
l’oblio. Questo si apre
sulle stanze della felicita’. Perche’, con tante memorie,
tu dimentichi chi sei. Chi e’ brutto e chi
e’ bello. Dimentichi chi di spada colpisce e chi di spada perisce, e chi
attende la morte al tavolo del caffe’. E di sorso in sorso,
scoprirai alla fine, li’sul torbido fondo
della tazza, che l’oblio
e’ l’origine della memoria.

***

Traduzioni dall’ebraico: Jack Arbib
  • Italian

    Quale luce in fondo al tunnel

    Tranquilli. Ciò che è accaduto in Tunisia non è destinato a ripetersi tanto presto in altri stati arabi. Il rovesciamento di un dittatore ad opera di una rivolta popolare porta effettivamente una ventata di aria fresca, e forse persino un raggio di speranza a tanti, in questa parte del mondo.



  • Malay

    Isyarat Selamat

    Sekian lama Amir tidak pernah ketawa sekeras itu, dan sudah tentulah selama ini dia tidak pernah tertawa sebegitu pada ketika mendengar satu pengumuman dari Komander Dalam Negeri.


  • Neither Arab nor Spring

    The vicissitudes that have, for some reason, been collectively dubbed the "Arab Spring" are neither Arab nor Spring. One can say that they are actually living proof of the identity crisis and reverberating bankruptcy of Arab nationalism.

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  • Spanish

    Una lógica sólo para judíos

    El Profesor Shlomo Avineri hace preguntas difíciles, desea discutirlas y agrega: “Cualquiera que apoya como yo una solución de dos Estados para dos pueblos y desea ver a los ciudadanos árabes de Israel ganando plenos derechos igualitarios puede, e incluso debe formularlas”


    Italian

    L’Oriente che vive nel passato

    A differenza della nostra regione, gli Stati Uniti sono una superpotenza con una breve storia: che è una delle fonti della sua forza. Nei luoghi dove c’è tanto passato, come il Medio Oriente, è difficile vedere il futuro.
  • Italian

    Stormi di uccelli fino a Roma

    Alla fine degli anni 50 ero un bambino, ingenuo e innocente. La mia piccola mente di arabo non era mai stata attraversata dall'idea di quali fossero le misteriose intenzioni degli stormi di uccelli che si posavano, vicino alla raccolta delle olive, sugli uliveti del villaggio di Al-Maghar, sul mare di Galilea

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    German

    Wie geht es weiter?

    Es mag schwierig erscheinen, nach dem Gaza-Krieg über Frieden zu sprechen. Aber es ist Zeit, sich mit den wesentlichen Streitpunkten auseinanderzusetzen, die eine Verständigung zwischen Palästinensern und Israelis verhindern. Israelis müssen zuerst an Israelis denken, nicht an Juden.


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    L’honneur sacré des Arabes

    Ce n’est pas tous les jours que les femmes arabes gagnent du renfort venant de tout le spectre de la politique arabe en Israël. L’encre sur les affiches réalisées dans le cortège était à peine sèche, lorsque les rapports publient qu’une autre femme a été tuée.


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