La fillette de Gaza


Salman Masalha


La fillette de Gaza

Avec les plumes de la mer
La fillette de Gaza confectionne des nids.
L'homme qui derrière la muraille se tient debout
Abrite sous son regard
Un collier de souvenirs.
Après avoir traversé la rue,
Les légendes, dans les nids,
Eclosent comme des oeufs
Des enfants courent se blottir
Dans la couleur du temps
Ils recueillent la voix timide
Des sables du désert
Le soir venu, les larmes se dispersent
Et mouillent la route de la mer
La nuit sourit à l'exil
Le poète rend son dernier soupir.

***

Traduit par A. K. El Janabi, Poésie 1, no. 27, 2001
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Stormi di uccelli fino a Roma


Salman Masalha

Stormi di uccelli fino a Roma

Alla fine degli anni 50 ero un bambino, ingenuo e innocente. La mia piccola mente di arabo non era mai stata attraversata dall'idea di quali fossero le misteriose intenzioni degli stormi di uccelli che si posavano, vicino alla raccolta delle olive, sugli uliveti del villaggio di Al-Maghar, sul mare di Galilea. Ogni autunno, quando una nera nube di uccelli appariva all'orizzonte, gli abitanti del villaggio andavano nei campi muniti di oggetti rumorosi. Si affannavano a scacciare gli invasori per salvare il loro raccolto, che a quei tempi era la principale fonte di sostentamento. Ma quando gli uomini raggiungevano gli uliveti, i pennuti si erano già saziati di olive e si rimettevano in viaggio. La nube si levava dalle cime degli alberi, oltrepassava le colline e si allontanava verso ovest, fino a scomparire. Stagione dopo stagione, si susseguirono molti raccolti, e passarono molti stormi prima che io partissi alla volta di Gerusalemme, per acquistarvi conoscenza e saggezza. Ma la saggezza che Gerusalemme mi diede fece scomparire per sempre la mia ingenuità. E oggi mi ritrovo a intraprendere viaggi su viaggi, veleggiando alla ricerca della perduta innocenza, di quel Paradiso scomparso. Dico «veleggiando» ma per chi vive a Gerusalemme è difficile usare questa espressione: da qui ci vuole un'ora per raggiungere, in auto, il Mediterraneo, e si può veleggiare solo su ali metaforiche. Il mare Mediterraneo non separa le terre del Nord da quelle del Sud e d'Oriente da un punto di vista meramente geografico. Ha separato gli individui e le tribù. Oggi separa la libertà individuale e la democrazia, cresciute sulle sue sponde settentrionali, dalla tirannia che, sulle rive meridionali e orientali, non consente all'individuo libertà d'azione. E con l'individuo sono scomparse anche la bellezza e la creatività. Questo mare segna il confine tra l'uva e la palma da dattero, tra il vino e il divieto di berlo, tra l'uva, frutto che migliora di anno in anno e il dattero che non lascia nulla dietro di sé. Lo scontro tra le due sponde ha prodotto in passato un mito arabo che spiega l'invincibilità dei Romani. Il regno di Roma poteva conoscere in anticipo le intenzioni dei suoi nemici e organizzare la propria difesa nel modo più efficace. Ma Roma, simbolo del mondo occidentale, non si limitava a difendersi. Attaccò, occupò e sfruttò il sud per secoli. Sull'atteggiamento dell'Occidente nei confronti dell'Oriente, possiamo portare ad esempio le parole di Mark Twain dai resoconti di viaggio: «Non ho mai perso occasione d'impressionare gli arabi parlando loro della perfezione delle armi americane e inglesi e delle pericolose conseguenze di un eventuale attacco contro gli occidentali». È forse cambiato qualcosa da allora? Oggi so che le olive del villaggio di Maghar, durante i giorni della mia innocenza, venivano portate a Roma nei becchi e nelle grinfie degli uccelli. Non chiedo la loro restituzione, ne quella dell'olio e della luce, anch'essi un tempo sottratti al Sud e portati a Roma. Questa e altre città della sponda occidentale del Mediterraneo possono però dare un po' della loro luce eccedente a quelle parti del mondo ancora oggi buie e affamate sulle coste meridionali e orientali. E dico «dare», non solo nel senso economico del termine ma piuttosto nel senso spirituale: «dare» libertà, prosperità e democrazia.

L'Europa può svolgere un ruolo decisivo nella costruzione della pace nel Medio Oriente insanguinato, da quando i suoi confini sono stati cancellati e ridefiniti in modo forzato dalle potenze imperialiste occidentali, che hanno creato nuove entità politiche, senza tener conto degli interessi nazionali, sociali e umani delle popolazioni locali. Ciò fu fatto allora, perché l'Europa potesse continuare a fare nella regione i propri interessi, che non coincidevano con quelli delle popolazioni locali. Oggi sembra però che l'Europa si sia tirata fuori dal gioco, lasciando campo libero all'unica grande potenza rimasta. Ha invece la responsabilità morale delle sorti della regione e deve assumersela pienamente: i popoli di questa parte del mondo hanno bisogno dell'Europa, così come lei ha bisogno di loro.

In passato sono stati firmati trattati di pace tra Oriente e Occidente. L'Occidente sapeva come fare doni all'Oriente. Ma, a quei tempi, erano doni di altra natura, i cui effetti erano a breve termine. Si racconta che quando Qubadh, il re di Persia, fece la pace con Cesare, Cesare gli inviò molti doni. Tra questi, c'era la statua in oro zecchino di una giovane cantante. A certe ore della notte, la statua cantava, inducendo al sonno chi la udiva. Sembrerebbe che il sonno che si impadronì dell'Oriente si sia protratto per molte centinaia di anni e che i popoli della regione non siano ancora riusciti a svegliarsi.

Ora, io non sono una statua che canta ma una statua di altra natura, e in carne e ossa. E per impedire che le mie parole vi facciano precipitare in un lungo sonno, vi reco dall'Oriente una campana di libertà, che intende far suonare il suo allarme, prima che la distruzione si abbatta su noi tutti.

"Il manifesto" - 26 novembre 2003
***
Il brano è tratto dall'intervento che pronuncerà giovedì 27, al convegno su Mediterraneo e globalizzazione (Protomoteca in Campidoglio), promosso da Legambiente e Comune di Roma (con Ignacio Ramonet, Wolfgang Sachs, Cristophe Aguiton, Walter Veltroni, Giuliano Amato).
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Le Poème


Salman Masalha


Le Poème

Rendez les nuées au fleuve
Effacez de l'enfant
La marque foncée de la grossesse
Verdoyantes, les feuilles du chagrin s'étalent
Et les légends enchevêtrées
Nourrissent les tétins de veuves
Ne vous attristez pas
Sur ce qui est perdu
Et surtout ne, ne dites pas
Que l'espoir
Est dans le poème
Si les prophetes viennent a disparaitre.


Traduit par A. K. El Janabi et Mona Huerta
***

Published in:
Le poème arabe moderne,
établie et présentée par Abdul Kader El Jababi, Préface de Bernard Noël, Maisonneuve & Larose.

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Noir, Mais Vert

Salman Masalha

NOIR, MAIS VERT

Pour écrire des poèmes,
vaniteuses veritées, pas besoin
d’aller très loin. Car
les racines du bon poème
germent toujours
profond.

Ceux qui veulent puiser
des poèmes de la terre
et aussi un bon câdeau
pour offrir
ne doivent que penser
noir,
mais
vert.


Traduit par Noga Tarnopolsky

4 Poemas

Salman Masalha

POEMAS

(Traducidos por Sergio Badilla Castillo)
***

AUTORRETRATO

El hombre que se inclina con una mano, en su bastón
tiene en la otra un vaso de
arrak. Los tiempos, que cambiaron
en el espacio abierto entre sus piernas,
se evaporan en su inestable mano.
Él está desapareciendo como los olores
del anís que embotelló en el sótano.
En las mañanas,
lanzando algunos fantasmas
a la calle ocupada por los transeúntes
se inclina en su silla.
El tiempo era, los fantasmas estaban de pie orgullosos en sus piernas
sobre una mesa de la taberna. Y hoy,
se acabó el arrak en sus labios.
La mesa ya no está más. Sólo los surcos
de un artista ambulante arrugan su cara.
Éstos son los rastros del hombre que
descendió al sótano y no volvió jamás.
Así entonces le ocurrió a sus manos,
cada una se fue para su lado.
La que tiene el anís se evapora hacia el cielo.
La otra con un bastón de bambú muerde el polvo.
Sólo queda el hombre que bebió su vida lentamente,
colgado en lo alto de la pared.
Sin nadie quien lo descienda.

***

LA COLA DE LA PERDIZ

(1)
Una patria abandonada en mis labios.
Derrama de sus hombros
los granos de trigo
que habían quedado trabados en el pelo.

(2)
Entre las arboledas de olivos
el labrador esboza surcos de memoria
y se olvida totalmente de los pájaros del baldío
acariciando sus semillas.

(3)
Encima de las palmas de piedra
se escurren las nubes de la mañana,
exprimidas por los oteros
de todos los rincones.

(4)
El cazador
llena su bolsa de trapos
y anuda una cola de perdiz en la tapadera
para que la gente se percate
de sus habilidades de caza.

***

JARDÍN

De las pestañas de la memoria
construí un jardín. Y planté
vides y melocotoneros
en un retal.
Y colgué racimos de campanas
en las moreras. Madurarán
en el verano.
También até cuerdas
que bailan con el viento.
Niños, que vienen a jugar
a las escondidas
reirán como
pájaros desdentados. Fruto
como la cara de una muchacha
que empujé a mis labios.
Ella se deslizó de mis manos
cuando florecimos,
y los pájaros
huyeron lejos de la tierra.
Y el jardín que mantuve
entre los azotes que di al aire
me abandona como palabras
que derramé en una lámina.

***

ABORTO

Nací en las arenas de las calles.
Mi mano era una extensa vela
Yo la tormenta.
El pavimento era un otoño
que se abría bajo mis pies
para los ojos y canto o cuento.
Debido a los pasos de muchos pies
y por el viento que levanto como polvareda
en una esquina de la calle.
Mi herida florece en una encrucijada
gotea la pus de la abundancia
enciende un cigarrillo en el tumulto
lleva su cesta vacía
y cae,
pero ella es el abismo.

***

Negro, Pero Verde


Salman Masalha


NEGRO, PERO VERDE

Para escribir poemas,
vanagloriosos verdad, no hay
que ir tan lejos. Las
raíces del buen poema
siempre brotan
profundo.

El que quiere extraer
poemas de la tierra
y a la vez un buen obsequio
para regalar
necesita pensar
negro,
pero
verde.

***
Traducidos por Noga Tarnopolsky

Maison

Salman Masalha

Maison

Lorsque je m'allonge sur
la terre déserte portant
tes visions d'amour
dissimulées dans les ténèbres du doute,
verrai-je le passé
s'écoulant comme une rosée entre
mes paupières? Verrai-je l'avenir
comme une lumière déjà vue
dans l'abysse? Des existences
tournoyantes, infiltrées dans mon âme,
pour que personne hormis moi ne les voie,
elles, qui inondaient mes yeux?
Lorsque je m'allonge sur le dos
sans rien pour me protéger de
mes détresses, je ne verrai au-dessus de moi
que la nuit que tu as fait glisser sur ma vie,
que des fragments d'une terre d’origine
où je ne suis pas. Si j’arrive
à construire la maison de nos amours,
veille sur elle
et sois.


Traduits par Nadine Srouji

Einer von hier

Salman Masalha

Einer von hier

Gedicht für späte Stunden


Sie hat sich so schnell verändert,
die Welt. Es ist schon völlig
absurd in meinen Augen. Die Dinge haben sich
so entwickelt, dass ich gar nicht mehr
an den Herbst denke.
Denn von hier aus führt kein Weg
irgendwohin.
Und sogar die Bäume
im Park sind entwurzelt und verschwunden.


In diesen Zeiten ist es gefährlich
hier auf die Straße zu gehen.
Das Pflaster ist so glatt.
Blut fließt in der Schlagader.
Ich zähle sie:
Einer von hier, eine von dort.
Ich zähle sie
wie Schafe, bis
ich einschlafe.

***

Published in:
Ariel, Vol. 114, Jerusalem 2002

3 Poesie

Salman Masalha

Gabbia

Sul palmo della sua mano
altri tracciarono linee di gabbia, e vi rinchiusero
il suo vissuto. E io,
figlio di arabia, non sopporto
un uccello imprigionato. Ogni volta
che lei mi porgeva la mano,
io cancellavo una riga.

E liberavo uccelli.




(I libri del merlo Pietro Lista, Accademia del libero merlo maschio -vicolo del merlo maschio - saviano (na)

***
Sotto il segno dello scorpione

Sono nato sotto il segno dello scorpione.
Cosi’ mi dissero i vecchi del villaggio
con i loro visi vaganti come foglie d’autunno
che mi volavano davanti. Mi dissero anche
che quando nacqui in novembre non caddero
stelle nel cielo. Ero uno straniero
capitato in un sogno senza fondo.
Mia madre, pero’
nacque dal vento caldo.

E quando gli autunni andarono e non tornarono,
come torna il merlo alla sua siepe.
i miei passi si persero in altri luoghi . Le donne,
come il tempo, si specchiarono nella finestra
come un melograno che perde le foglie.
Io sono una mezza stagione.
Sogni verdi gia’
abbandonano il mio corpo come
neve abbandona la nuvola.

E, con gli anni, ho anche imparato
a togliermi la pelle di dosso. Come se fossi un serpente intrappolato
tra le forbici e il foglio. Cosi’ il mio destino
fu deciso con parole strappate dalle radici
del dolore. Con la lingua divisa in due. Una, l’arabo,
per ricordare mamma la sera,
l’altra, l’ebraico, per amare d’inverno.

***

Oblio

Strane persone siedono
al caffe’ la sera.
Il giorno si e’ gia’ dimenticato,
sfuggito tra le dita senza sapere
cosa resta in fondo. Senza sapere amore.
E nel rumore specchiato nella vetrina,
e i discorsi su questo e quello, e specialmente
l’aumento della contingenza in novembre,
e il calo della quotazione dell’oro, io quoto
l’oblio. Questo si apre
sulle stanze della felicita’. Perche’, con tante memorie,
tu dimentichi chi sei. Chi e’ brutto e chi
e’ bello. Dimentichi chi di spada colpisce e chi di spada perisce, e chi
attende la morte al tavolo del caffe’. E di sorso in sorso,
scoprirai alla fine, li’sul torbido fondo
della tazza, che l’oblio
e’ l’origine della memoria.

***

Traduzioni dall’ebraico: Jack Arbib

Das Symbol

Salman Masalha
*****

Das Symbol

Im Leben jedes Einzelnen wie auch der Völker und Kulturen kommt der Sprache eine zentrale Bedeutung zu. Sie ist es, die Stimmungen, Gedanken und Wünsche prägt. Sie ist es, die alles bewahrt: ein Brunnen der Geheimnisse, aus dem nie ein Tropfen verloren geht und der deshalb, im Guten wie im Schlechten, die Essenz des Lebens spiegelt.

«Führer und Symbol» ist einer der geläufigsten unter den Ehrentiteln, mit denen die Palästinenser Yasir Arafat bedachten. So stand es auf Bannern und Transparenten zu lesen, die zu seinen Ehren geschwenkt wurden, und so wurde er über Jahre hin in den Kommentaren, Editorials und Artikeln der palästinensischen Presse bezeichnet.

Arafat war aber nicht nur ein Symbol des palästinensischen Volkes - er ist ein Symbol für alle arabischen Gesellschaften. Jeder arabische Führer, König oder Präsident pflegt seine eigene Aura und baut sich selbst zu einer Symbolgestalt, zum Vater der Nation auf. An dieser Machtposition hält er lebenslang fest; denn bekanntermassen tritt kein arabischer Herrscher freiwillig von seinem Posten zurück. Im besten Fall wird er eines natürlichen Todes sterben.
Ein Mann, ein Volk, ein Schicksal

Wo die westlichen Kolonialmächte einst zwischen den Ländern des Mittleren Ostens nach eigenem Gutdünken Grenzen zogen und die Gebiete untereinander aufteilten, da versuchen sie heute, mit diesen problematischen Symbolen der arabischen Welt zu Rande zu kommen. Es scheint, als habe sich nichts verändert. Der Stolz der arabischen Länder auf ihre «nationale Unabhängigkeit» ist ein Schlagwort ohne realen Inhalt geblieben. Der Mittlere Osten hat sich in seinem Tun und Lassen nicht verändert, und demzufolge ist es nach wie vor der Westen, der die Geschicke der arabischen Völker via Fernsteuerung lenkt. Wie symbolträchtig ist es, dass sogar der Tod des Symbols Arafat von Europäern verkündet werden musste: Die Palästinenser, ausgeschlossen von direkter Teil- und Anteilnahme, waren auf die westlichen und sogar die israelischen Medien angewiesen, um überhaupt zu erfahren, wie es um «Führer und Symbol» des Volkes stand.

Während vier Dekaden sind die Palästinenser im Guten wie im Schlechten mit Arafat identifiziert worden. Die palästinensische Identität ist fast unlösbar mit seiner Person verbunden, weil er es war, der die Sache der Palästinenser von Küste zu Küste, von Berg zu Tal durch die ganze Welt getragen hat. Arafat war es, der die Parole von der «unabhängigen Entscheidung der Palästinenser» prägte - als Entgegnung auf die konstanten Einmischungen der arabischen Staaten nach dem Ende der britischen Mandatszeit und trotz der Gründung des Staates Israel auf einem Teil des historischen Palästina.

Spekulationen nach der Art «wo stünden wir, wenn X oder Y nicht geschehen wäre?» sind immer heikel. Aber es ist auch schwierig, sich der Versuchung solcher Gedankenspiele zu entziehen, wenn man über die Situation zwischen Israeli und Palästinensern nachdenkt. Für die Palästinenser selbst war der Konflikt mit Israel Segen und Fluch zugleich, indem er - dies der positive Aspekt - der palästinensischen Identität zugute kam. Ohne die Gegenkraft der zionistischen Staatsgründung hätte sich eine unabhängige palästinensische Identität wohl gar nie konkretisiert, und die Palästinenser wären diffuser Bestandteil eines grosssyrischen Staates geblieben. Bis Mitte der 1960er Jahre war die Haltung der arabischen Länder gegenüber den Palästinensern vorab durch die Flüchtlingsfrage definiert, da der Gazastreifen und Cisjordanien unter ägyptischer beziehungsweise jordanischer Kontrolle standen; damals war keine Rede von einem eigenständigen palästinensischen Staatswesen in diesen Gebieten. Die Sache der Palästinenser galt vielmehr als Teil der gesamtarabischen Auflehnung gegen die Fakten, welche die westlichen Mächte und die Sowjetunion nach dem Ende des Zweiten Weltkriegs im Nahen und Mittleren Osten geschaffen hatten.

Im Sechstagekrieg wurden die Karten neu gemischt, und es begann der Konflikt zwischen den zwei Völkern, die beide dieses Land als das ihrige beanspruchen. Nachdem die Araber im Juni 1967 ihre grosse Niederlage erlitten hatten und der erste Führer der PLO, der Panarabist Ahmad Shuqeiri, von der Bildfläche verschwunden war, wurde ganz Palästina von Israel besetzt. Zu diesem Zeitpunkt betrat Arafat die Bildfläche, und bis zu seinem Tod war er der Fahnenträger des palästinensischen Befreiungskampfes.
Fehlende Weitsicht, chaotische Sprache

Der Fluch des israelisch-palästinensischen Konflikts liegt in der Tatsache, dass der Staat Israel einer der finstersten Perioden der Menschheitsgeschichte seine Gründung verdankt; er sollte den europäischen Juden Zuflucht und den festen Boden einer eigenen Nation bieten. Die Palästinenser waren nicht in der Lage, mit der Last umzugehen, die da plötzlich an ihrer Türschwelle niedergelegt wurde. Die arabischen Herrscher im Allgemeinen und die palästinensischen Führer im Besonderen vermochten es nicht, die historischen Prozesse in ihrem näheren und weiteren Umfeld zu überblicken und zu begreifen. Deshalb haben alle Schachzüge, die Arafat während der vergangenen Jahrzehnte unternahm, ihm selbst und - wichtiger noch - den Palästinensern nichts als Fehlschläge und Niederlagen eingebracht: vom Schwarzen September in Jordanien über den Bürgerkrieg in Libanon, den Transfer der palästinensischen Führung nach Tunis oder Arafats Parteinahme für Saddam Hussein nach der Invasion Kuwaits bis hin zu seiner Fehleinschätzung der Weltlage nach dem 11. September.

Ein Grund dafür liegt in der Sprache. Wie eingangs festgestellt, konstituiert sich in ihr viel von der Essenz jedes Einzelnen: Sie verleiht seinen Gedanken und Wünschen Ausdruck, sie formt und prägt auch sein Denken und seine Mentalität. Je besser die Substanz, aus der dieses Werkzeug geformt ist, je präziser und differenzierter es eingesetzt werden kann, um so besser wird es auch der Sache des Sprechers dienen. Je stumpfer es umgekehrt ist und je ungeschickter es gehandhabt wird, desto riskanter wird sein Gebrauch; hierzu hat auch die amerikanische Politik in jüngerer Zeit Beispiele geliefert.

Aus Arafats Mund hat man nie einen ordentlichen, wohlgestalten arabischen Satz vernommen. Die sprachlichen Sturzbäche, in denen er sich artikulierte, waren immer ein Chaos aus Wörtern, Slogans, Adjektiven und Präpositionen, die sich ohne Achten auf die Regeln der arabischen Sprache aneinander reihten. Seine Mitarbeiter mussten selbst erraten, welche Absichten und Ideen sich in diesem Mischmasch aus Worten verbargen. Über Jahre hin sah so auch die Politik aus, die Arafat im Namen des palästinensischen Volkes betrieb.

Bis zum Letzten war nun nicht nur dieses Volk, sondern auch die palästinensische Führung dazu verurteilt, über die Krankheit des «Führers und Symbols» und über seine möglichen Absichten hinsichtlich der Zukunft der Palästinenser zu rätseln und zu spekulieren. Selbst Arafats Tod hat also dieser Industrie der Orientierungslosigkeit kein Ende gesetzt.

***

Published in:
Neue Zürcher Zeitung, November 12, 2004
  • Italian

    Quale luce in fondo al tunnel

    Tranquilli. Ciò che è accaduto in Tunisia non è destinato a ripetersi tanto presto in altri stati arabi. Il rovesciamento di un dittatore ad opera di una rivolta popolare porta effettivamente una ventata di aria fresca, e forse persino un raggio di speranza a tanti, in questa parte del mondo.



  • Malay

    Isyarat Selamat

    Sekian lama Amir tidak pernah ketawa sekeras itu, dan sudah tentulah selama ini dia tidak pernah tertawa sebegitu pada ketika mendengar satu pengumuman dari Komander Dalam Negeri.


  • Neither Arab nor Spring

    The vicissitudes that have, for some reason, been collectively dubbed the "Arab Spring" are neither Arab nor Spring. One can say that they are actually living proof of the identity crisis and reverberating bankruptcy of Arab nationalism.

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  • Spanish

    Una lógica sólo para judíos

    El Profesor Shlomo Avineri hace preguntas difíciles, desea discutirlas y agrega: “Cualquiera que apoya como yo una solución de dos Estados para dos pueblos y desea ver a los ciudadanos árabes de Israel ganando plenos derechos igualitarios puede, e incluso debe formularlas”


    Italian

    L’Oriente che vive nel passato

    A differenza della nostra regione, gli Stati Uniti sono una superpotenza con una breve storia: che è una delle fonti della sua forza. Nei luoghi dove c’è tanto passato, come il Medio Oriente, è difficile vedere il futuro.
  • Italian

    Stormi di uccelli fino a Roma

    Alla fine degli anni 50 ero un bambino, ingenuo e innocente. La mia piccola mente di arabo non era mai stata attraversata dall'idea di quali fossero le misteriose intenzioni degli stormi di uccelli che si posavano, vicino alla raccolta delle olive, sugli uliveti del villaggio di Al-Maghar, sul mare di Galilea

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    German

    Wie geht es weiter?

    Es mag schwierig erscheinen, nach dem Gaza-Krieg über Frieden zu sprechen. Aber es ist Zeit, sich mit den wesentlichen Streitpunkten auseinanderzusetzen, die eine Verständigung zwischen Palästinensern und Israelis verhindern. Israelis müssen zuerst an Israelis denken, nicht an Juden.


  • French

    L’honneur sacré des Arabes

    Ce n’est pas tous les jours que les femmes arabes gagnent du renfort venant de tout le spectre de la politique arabe en Israël. L’encre sur les affiches réalisées dans le cortège était à peine sèche, lorsque les rapports publient qu’une autre femme a été tuée.


  • Turkish

    Öncelikle konu İran olduğunda Başbakan Benjamin Netanyahu’nun haklı olduğu anlaşılmalıdır. Ayetullah’ların yönetimi devralmasından beri İranlı liderler İsrail hakkında konuşmaktan bıkmamıştır.


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